Packaging, da nemico dell'ambiente ad alleato
Gli alimenti troppo impacchettati sono un problema ambientale molto serio. Le aziende stanno lentamente cambiando rotta, ma la vera rivoluzione arriverà con i materiali high-tech, in grado di allungare la vita del cibodi Michela Dell'Amico)
Il packaging, ovvero la somma
degli involucri di plastica, carta o alluminio che contengono i nostri
acquisti, è da tempo sul banco degli imputati. Il primo problema è che si
tratta troppo spesso di un imballaggio eccessivo, utile solo (e forse) dal
punto di vista del marketing:
alla confezione “essenziale” si aggiungono altri materiali a fini estetici o
promozionali. Il problema si aggrava se consideriamo gli alimenti, che si
consumano quotidianamente. Su questo aspetto possono intervenire le aziende,
eliminando il surplus e traendone un doppio vantaggio: a livello di immagine,
grazie alla più diffusa sensibilità ambientalista dei consumatori; e a livello
economico, eliminando un costo non indifferente. Ma anche la tecnologia sta
facendo la sua parte, con materiali che promettono di allungare la vita del
cibo.
Partiamo dal
contributo che può dare l'industria. “ Le aziende continuano a fare
molti sbagli di comunicazione” spiega Mirko Nesurini, esperto del
settore per GDS Brand Consultancy. Se
adottano una politica di sostenibilità, possono trarne vantaggio comunicando al
meglio l'impegno preso. Ma se le aziende fanno marketing ‘spinto’, usando ad
esempio parole come ‘sostenibile’ senza averne pieno diritto, “ senza dubbio oggi è più facile venire
smascherati, e perdere la buona reputazione acquisita. La tecnologia ha reso i
consumatori più accorti e informati, e ha cambiato molto la vendita e la comunicazione:
oggi non si possono più dare messaggi non veri”. Un esempio è
quanto sta succedendo a Ferrero,
negli Stati Uniti, in relazione a un’etichettatura non chiara o comunque
contestabile; oppure quanto avvenuto in Italia per merito di un'indagine
dell'Agcom.
Adesso però la
tecnologia guarda oltre, e prova a rendere il packaging addirittura uno
strumento che aumenta la sostenibilità dell'alimento, contribuendo ad
allungarne la vita e dunque a ridurre i rifiuti. “ Se
si allunga il tempo che un prodotto può restare sugli scaffali del supermercato
o nella nostra dispensa, si evita una montagna di rifiuti”, ci dice
Sara Limbo, ricercatrice del
gruppo PackLab all'Università degli Studi di
Milano, dove studia come combinare i materiali biopolimerici e sintetici a
questo scopo. “ Bisogna sempre premettere che l'involucro deve
proteggere l'alimento ma anche garantire la sicurezza al consumatore. Per
questo il nostro lavoro è particolarmente complicato. Ma i risultati raggiunti
per merito della ricerca sono straordinari”.
Un esempio di
tecnologia al servizio della sostenibilità è il riciclo del Tetrapack, materiale
particolarmente utile per conservare gli alimenti liquidi, ma impossibile da
smaltire fino a qualche anno fa, perché composto di carta, plastica e
alluminio. Come dividerli? Oggi si fa in ogni grande città, con sistemi
automatizzati.
Un altro grosso
problema di ‘ieri’ era riciclare carta, plastica o alluminio e poi rimetterli a
contatto con il cibo: oggi è possibile in tutta sicurezza, sotto la lente
attenta dell' Efsa.
“ Oggi vogliamo creare un imballaggio attivo,
composto da materiali in grado di allungarne la vita ma anche in grado di rilasciare
gradualmente sostanze antiossidanti o antimicrobiche. Un altro grande ambito,
purtroppo ancora trascurato, è provare a risolvere il problema delle perdite
alimentari degli imballaggi: un dramma economico e ambientale, in grado di
ingigantire la quantità di cibo buono buttato come rifiuto”. I
vantaggi sarebbero anche di ordine qualitativo: questi materiali – allungando
la vita commerciale di un prodotto - permetterebbero ad esempio a un
supermercato di tenere in vendita anche prodotti finora non molto redditizi,
come le produzioni di nicchia, i cibi esotici, o comunque scelti da una fetta
minore di popolazione.
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